Come lavorava d’Annunzio

Intervista a da Pierandrea De Lorenzo e Cristina Montagnani

Come lavorava d’Annunzio

Un interessante volume scritto a quattro mani da Pierandrea De Lorenzo e Cristina Montagnani, nel 2019, analizza il metodo dannunziano nei minimi dettagli.

Strumento di studio accurato, che ci ha dato modo di discutere con gli autori a proposito dell’importanza, più che mai attuale, di Gabriele d’Annunzio, come letterato e bibliofilo.

Pagine che ne ripercorrono l’attività letteraria ed umana, in un appassionante “dietro le quinte”, dal quale trarre innumerevoli spunti di riflessione ed analisi sul Vate.

Partirei col chiedervi di illustrare gli obiettivi che sono stati alla base della vostra analisi del metodo dannunziano.

Il volume si inserisce in una collana dedicata alla filologia d’autore, diretta da Simone Albonico, Paola Italia e Giulia Raboni, e pubblicata presso Carocci. Le finalità del libro, dunque, sono quelle della serie di cui fa parte: avvicinare un pubblico anche non strettamente di specialisti alla “officina” di un autore, smontare i meccanismi con i quali egli dà vita alla magia di un’opera letteraria. Si tratta di un percorso sempre interessante, ma che nel caso dannunziano lo è in modo particolare, perché l’autore ha sempre tentare di dissimulare la fatica, le enormi difficoltà della sua scrittura, per dare l’impressione di un’arte che scaturisca quasi per effetto miracoloso dall’anima dell’artista.

Come vi siete mossi dal punto di vista della ricerca storica e in quali scoperte vi siete imbattuti, lungo il percorso?

La bibliografia dannunziana è oramai vastissima, e specie nella nuova serie della Edizione nazionale, inaugurata da Alcyone curato da Piero Gibellini nel 1988 offre al filologo e allo studioso un’ampia messe di dati e di informazioni. Certo, nuove scoperte sono sempre possibili, specialmente grazie al ritrovamento di carte autografe ancora sconosciute e spesso custodite da privati affezionati lettori del Vate. Un rilevante gruppo di carte è stato recentemente acquisito dalla Biblioteca Nazionale di Roma, ma esistono anche “affioramenti” più piccoli, ma non per questo di minore interesse.

Quali differenze si evidenziano nell’evolversi dell’operato dannunziano; dal periodo fiorentino a quello francese, fino agli ultimi anni trascorsi al Vittoriale?

La domanda è complessa, ma richiede che si distinguano due piani: nello stile dannunziano si individuano facilmente diverse maniere, dalla attività intensamente sperimentale delle prime prove, agli anni dei grandi “cicli” in prosa e in versi, sino alle opere più frammentarie e notturne dell’ultimo periodo. Nella realtà, però, il modo di lavorare non cambia mai: d’Annunzio parte da una esperienza letteraria, quasi sempre altrui, e la riempie dei contenuti ideologici che al momento lo interessano di più, sia che si tratti della ferinità abruzzese, riletta attraverso Verga, del classicismo, spesso mediato da Carducci, sino all’estetismo decadente e, ovviamente, al superomismo. Ideologie forti, ma in sostanza assolutamente interscambiabili: l’importante non è cosa si scrive, ma come.

Cosa svela ai lettori il contenuto della biblioteca dannunziana e quale influenza ha avuto sui suoi scritti?

La biblioteca ha per d’Annunzio una importanza fondamentale: nulla che non sia nei libri esiste per lui. Purtroppo le biblioteche sono state molte, spesso disperse per ragioni economiche; ci resta quella del Vittoriale, e non è poco. Ma molti volumi, specie del periodo francese, d’Annunzio non è riuscito a ricomprarli, e quindi mancano all’appello. Peccato…

Vi sono degli elementi cardine che rendono la scrittura di d’Annunzio ancora attuale, a vostro giudizio?

La scrittura di d’Annunzio, in quanto tale, non è affatto attuale: è molto datata a livello stilistico e appesantita da contenuti oggi inaccettabili. Quello che resta attuale è il suo disperato amore per la parola poetica, per l’armonia del verso, che ha trasmesso a molti autori successivi e che ne fanno, certamente, uno scrittore pienamente degno di studio e attenzione.

Posso chiedervi se vi occuperete ulteriormente del Vate, in futuro e a quali progetti state lavorando?  

Per quello che riguarda Cristina Montagnani, nonostante qualche incursione più recente, la stagione dannunziana si è chiusa con l’edizione critica di Maia del 2006.  I suoi campi di ricerca attuali riguardano la Ferrara estense, e soprattutto Matteo Maria Boiardo. Comunque, mai dire mai… Pierandrea De Lorenzo è attivamente impegnato nell’attività editoriale; il suo progetto dannunziano riguarda l’edizione del Fuoco, ma penso richieda ancora molto tempo.

Emanuela Borgatta Dunnett