Le Gattoparde

Le Gattoparde – Giunti Editore

Intervista a Stefania Aphel Barzini

‘Le Gattoparde’ di Stefania Aphel Barzini è un romanzo mondo. Un libro che avvince totalmente e trasporta il lettore fra le stanze di Villa Piccolo, dominate da una protagonista di straordinaria intensità: Agata.

Ultima superstite di una lunga dinastia ne ripercorre le vicissitudini seguendo le donne che la ressero come pilastri. Le pagine rimbalzano, infatti, tra due Secoli e ci svelano – altresì – un mirabile cenacolo, dominato da Agata stessa ed immerso in una Sicilia, splendidamente descritta.

Stefania Aphel Barzini ci guida alla lettura di queste pagine memorabili, senza perdere di vista il capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa; sottolineando i rapporti tra aristocrazia e servitù, nonché le suggestioni che ci attendono fra le ‘stanze’ del suo romanzo.

Agata è il pilastro del romanzo. Attraverso il suo punto di vista viene narrata un’intera epopea. Come ha scelto di darle voce, senza perdere mai di vista il capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa?

E’ stata una scelta ben precisa, Agata era quella più trascurata, priva di voce, di lei si sa pochissimo, è sempre stata schiva e riservata eppure era la sola persona equilibrata in famiglia e si deve in particolare a lei se a Villa Piccolo si è potuto ricreare il loro mondo e il loro passato.  Agata aveva due passioni, piante e cucina ma non aveva mai viaggiato, era stata a Palermo e a Messina, mai in continente.  Io ho voluto ricostruire la sua storia, la sua psicologia, ho voluto ridarle vita e voce, mi sembrava importante e doveroso.  Quanto al Gattopardo non potevo proprio perderlo di vista, Giuseppe Tomasi di Lampedusa era il cugino dei Piccolo e gran parte de Il Gattopardo l’ha scritta proprio a Villa Piccolo, il Principe di Salina si chiama così perché Giuseppe affacciandosi dalle finestre della sua camera alla villa, vedeva le Isole Eolie e in particolare Salina.

Lei ha tenuto corsi di cucina regionale a Los Angeles ed ha pubblicato libri a tema. La cucina è importante anche in questo nuovo romanzo?

La cucina è sempre importante per me, racconta meglio di mille parole storie, persone, emozioni, sentimenti, questo Agata lo sapeva bene, ma direi che tutto il romanzo ha suoi “sapori e aromi” perché scrivendo di Sicilia non si può non parlare di cucina, una parte così importante di quella terra e delle sue tradizioni.  Se vuoi rendere vivo un luogo, una casa, una persona, una terra niente di meglio che raccontarne la sua cucina.

Ho trovato stupefacente la dovizia di particolari nel narrare le stanze. La cucina e la biblioteca paiono sul punto di prendere vita. Quale pensa sia l’importanza dei luoghi abitati dalle sue protagoniste?

Questo libro nasce proprio dalle suggestioni di quelle stanze!  La prima volta che ho messo piede a Villa Piccolo sono rimasta avvinta e folgorata dal luogo, ho avuto la sensazione che la casa fosse ancora abitata da misteriose presenze, la tavola era apparecchiata, i letti rifatti, gli occhiali sul comodino, i vasetti da notte…una casa ancora viva, d’altronde io sono convinta che le case continuino ad essere abitate da chi le ha vissute e amate e la famiglia Piccolo quella casa la ha molto amata, un amore che non è morto con loro.  E nello stesso modo le case “plasmano” la vita di chi le ha vissute e amate.

La narrativa anglosassone ci ha abituati ad una separazione abbastanza netta fra aristocrazia e servitù. Come ha scelto di descrivere questo rapporto, invece, fra le pagine de: ‘Le Gattoparde’?

In Italia e in Sicilia in particolare la separazione è assai più sfumata, meno drastica, la servitù era parte della famiglia, non è un caso che venissero chiamati i famigli, sono personaggi che solo per il fatto di essere a servizio di una famiglia aristocratica assumevano anch’essi una dimensione nobile, la famiglia dipendeva moltissimo da loro, erano davvero parte della casa, orgogliosi di esserlo, le signore di casa a Natale facevano regali a tutta la servitù e ai loro figli, organizzavano feste per loro.  Nel romanzo la cameriera di Giulia Trigona diventa addirittura la sua confidente e Don Nofrio, l’amministratore di Villa Filangeri a Santa Margherita del Belice era indispensabile al vivere di tutta la famiglia e tenuto in grande conto.

Posso chiederle se sta già lavorando a progetti futuri?

I romanzi vivono di vita propria, crescono lentamente, ho alcune idee ma devo capire quale vedrà la luce, di certo sarà un’altra storia siciliana, sono anche io di famiglia siciliana, ho una casa siciliana, la sento il mio “luogo” il mio posto, amo quella terra, ne vedo pregi, difetti, sfumature e meraviglie, non mi stanco mai di raccontarla e penso che lei non sia mai stanca di essere raccontata.

Emanuela Borgatta Dunnett