La Luna e i Falò – Graphic Novel Tunué

La Luna e i Falò – Tunué

INTERVISTA A MARINO MAGLIANI E MARCO D’APONTE

La Luna e i Falò – Graphic Novel Tunué

Il testamento letterario di Cesare Pavese torna – intrecciandosi alla sua biografia – sotto forma di graphic novel.

Un lavoro accurato ed attento ad opera di Marino Magliani e Marco D’Aponte per Tunué Edizioni, il quale ci riporta nelle Langhe di Nuto ed, al contempo, ci permette di ripercorrere le principali tappe pavesiane in un’ottica nuova.

In questa intervista a due, gli autori ci illustrano la loro ricerca e ci parlano delle sfide incontrate nell’aver a che fare con un autore costantemente scusso tra città e paese.


Quali sono state le sfide nell’amalgamare gli elementi
biografici di Cesare Pavese con la liricità de: ‘La Luna e i Falò’?

MARINO MAGLIANI La più difficile è stata quella di squartare un romanzo e penetrarlo con
immagini, testi, ricordi, ossessioni, del suo autore o pensando addirittura
che potessero parlare del suo autore. È una specie di violenza, ma una
graphic novel da questo punto di vista ti dà una libertà, come il cinema,
che altre arti non ti concedono. Una volta che il disegnatore e lo
sceneggiatore si sono presi questa libertà e questa responsabilità si
tratta di seguire le mappe del romanzo, capire cosa voleva dire per lui
prima che cercare cosa è diventato per la letteratura. Per noi, ma parlo
per me, per me, dunque, non è stato una specie di resa dei conti, la sua,
ma  un tentativo di aggrapparsi all’unico mondo in grado di non farlo
entrare in quella camera di albergo: il paesaggio dove è stato felice
perché non sapeva ancora che si può esserlo ma non è possibile pensare di
esserlo. Quindi gli elementi biografici del figlio di una terra mitica,
severa, come lo diventerà quell’uomo, il sapere che scappava da Torino
perché era già un’icona per andare a Santo Stefano per parlare con l’unica
persona con la quale poteva fare due parole, Pinolo Scaglione, il Nuto del
romanzo. Forse una volta risolte queste cose l’amalgama è già avvenuto in
qualche modo.

MARCO D’APONTE Il fumetto è un prodotto editoriale basato sull’immagine, quindi 
gli aspetti figurativi sono preminenti in chi sfoglia il libro 
-soprattutto se appassionato del genere- poi, subito dopo, arrivano le 
parole. L’impatto visivo è fondamentale e la scelta del colore ne fa 
parte; in questo caso serve per valorizzare il paesaggio, così 
presente nel romanzo di Pavese, così come per descrivere la 
drammaticità di certe situazioni.
Nella parte in cui Pavese entra da personaggio nella nostra graphic, 
ho tolto il colore. Forse per suggerire lo sguardo già privo di 
volontà di vivere, posato sul paesaggio, sulle cose e sulle persone.
Di più, è una figura legata al suo tempo, un tempo che arriva a noi 
solo in immagini fotografiche in bianco e nero e mi sembrava fuori 
posto vederlo in colore sui miei fogli.

Cosa potete dirci sulla genesi della vostra graphic novel?

MARINO MAGLIANI Provenivamo da Sostiene Pereira, un altro romanzo difficile da tradurre in graphic novel. D’Aponte vive a Torino, io provengo dalla Liguria, in mezzo
c’era una Langa. Ma sarebbe riduttivo dirla così. In mezzo c’era una Langa
che poteva rappresentare quel paesaggio che cerchiamo, quell’io dentro un
paesaggio. Per Pereira la genesi era stata una nostra telefonata a
Tabucchi, per La luna e i falò la genesi è stato il desiderio di continuare
una strada in parte già percorsa.

MARCO D’APONTE La proposta di affrontare un romanzo così importante per la 
letteratura del XX secolo, è arrivata da Marino. Per me mettere in 
scena   una vicenda come quella di Nuto e Anguilla è stata un’altra 
sfida alle mie capacità ‘registiche’ per riuscire a dare immagine e 
ritmo alla storia. Comunque ho accettato subito e penso che alla fine 
il legame tra parole e disegno sia risultato di buon livello.

La vita di Pavese lo vide sempre scisso tra città e paese.
Pensate di aver espresso questa dicotomia nella vostra storia?

MARINO MAGLIANI Penso che mai come ne La luna e i falò si sia staccato dalla città e dalla
piccola borghesia per immergersi nel simbolo del paese. La scissione di cui
lei parla certo, tra paese e città, lo ha sempre contraddistinto e forse
noi quel poco di città l’abbiamo espresso nella parte inventata da noi,
quella non appartenente alla pura trama del romanzo.

MARCO D’APONTE Anche in questo caso per me la scelta è stata spontanea. La città è 
presente nella parte del racconto degli ultimi giorni di Pavese.
Quindi è il bianco e nero che disegna le vie e le piazze cittadine 
percorse in quelle ultime ore.

In cosa credete risieda l’terna contemporaneità dell’ultima
opera pavesiana?

MARINO MAGLIANI In qualcosa che si fa ed esiste da sempre, il nostos, ogni opera che
racconta un ritorno racconta il presente, anche se il ritorno di Anguilla
(e quello di Pavese narrato dalle immagini di Marco) non è nostalgia, ma –
e proprio per questo contemporaneo – è un ritorno alle radici, le sue e le
nostre.

MARCO D’APONTE La necessità di raccontare per tentare di capire anche la parte 
oscura dell’animo umano, il bisogno di conservare la memoria
di sé e degli avvenimenti drammatici di quegli anni. L’ambiguità che 
sempre c’è tra l’autore e i suoi personaggi. Aspetti questi presenti 
nella letteratura ma anche in tanta pittura, aspetti connessi all’arte 
in generale.

Possiamo già chiedervi se state lavorando ad altri progetti?

MARINO MAGLIANI Certo può chiederlo, ma, mi creda, non ne stiamo ancora parlando, ma lo faremo, Marco ha i suoi progetti anche senza di me come sceneggiatore, ma
poi ci troveremo, speriamo, e ragioneremo, come facciamo di solito, a colpi
di parole e di matita. Le posso però dire che la Langa, restarci, non mi
spiacerebbe. Di certo, quando getteremo i bastoncini del shangai e
inizieremo il gioco togliendo e presto capiremo cosa resta, le faremo
sapere.

MARCO D’APONTE Abbiamo già percorso con il linguaggio delle immagini due romanzi 
fondamentali della letteratura italiana e molto amati.
Potrebbe forse ora comporsi una trilogia. Guarderemo nelle nostre 
librerie e troveremo certo una storia che ci accomuni nella
voglia di farla rivivere con parole e immagini.

Emanuela Borgatta Dunnett