Le Magnifiche Invenzioni

INTERVISTA A MARA FORTUNA

Mara Fortuna esordisce con un romanzo mozzafiato. Le Magnifiche Invenzioni (edito da Giunti) è un viaggio mirabolante che parte dalla Napoli di fine Ottocento e si sposa verso la Parigi della Grande Esposizione Universale, seguendo i protagonisti in anni che furono decisivi per porre le basi delle avanguardie artistiche. Una storia che si dipana tra esperimenti ed invenzioni, della quale abbiamo parlato approfonditamente con l’autrice, scoprendo che le sorprese non sono ancora finite!

Vorrei partire col chiederle qualche dettaglio in più sulla scelta delle diverse ambientazioni del romanzo. Come sono state scelte?

La scelta delle ambientazioni è una scelta “necessaria”, fa parte integrante della storia e dei personaggi che si raccontano. Questo è un romanzo ricco, con personaggi di spessore, anche quando non protagonisti. Uno, che svolge il ruolo di mentore e di ispiratore dei protagonisti, è personaggio storico di rilievo: Etienne Jules Marey, uno scienziato, inventore e precursore del cinema. D’inverno abitava a Napoli, nella sua villa a Posillipo, poco distante dalla Pension Anglaise, una villa del 600 che ora non esiste più e che era un luogo adatto ad ambientare incontri conviviali e a solleticare l’immaginazione di Tunino, uno dei protagonisti, aspirante inventore. Insieme al fratello Gaetano, giovane promessa della danza, poveri entrambi, non potevano che venire dal centro storico, non troppo lontano dal teatro San Carlo. Per la loro abitazione ho scelto il Cavone, anche perché ci era passato tempo prima Passannante, l’anarchico che aveva attentato, fallendo, alla vita del re, e l’anarchia, oltre al volo e al cinema, è un tema importante del romanzo. E poi la Pignasecca, con i bassi, i mercati, la vita in strada e la vicina via Toledo, trafficatissima, che sono luoghi simbolo della città. L’ illuminazione a gas, i tram a cavallo, le capre da latte che percorrevano le vie al mattino creano atmosfere diverse da quelle di oggi e molto affascinanti. Anche Parigi e la Exposition Universelle sono venute di conseguenza: Marey vi partecipò mostrando le sue fotografie in uno zootropio collegato all’elettricità e l’Expo fu salutata dal Gran Ballo Excelsior al teatro Eden, che fu replicato per tutta la durata della manifestazione. Era un’occasione che Gaetano non poteva mancare. I cafè e i bistrot, lo scenario del Campo di Marte dove si allestivano i padiglioni dell’Expo, lo stesso teatro Eden, che era stato inaugurato anni prima, un teatro con un palcoscenico enorme, con architettura e decorazioni esotiche, sono i fondali suggestivi su cui si svolge la parte parigina del racconto. Per cui i luoghi del romanzo, quelli di Napoli e quelli di Parigi, sono semplicemente il setting naturale di questa storia.

Da tempo si occupa di scrittura. Quali sono state le sfide affrontate per portare a termine il suo primo romanzo?

Scrivere un romanzo richiede il controllo di un vasto materiale narrativo. In questa storia ci sono co-protagonisti e diversi personaggi secondari, ciascuno naturalmente con  le sue caratteristiche e il suo mondo. In più a un certo punto si è trattato di raccontare in maniera più o meno sincronica azioni che avvenivano in città diverse, con una sorta di montaggio alternato, per rimanere in tema cinematografico. E siccome si tratta di un romanzo storico, con Etienne Jules Marey che fa parte della storia del cinema, ho dovuto intrecciare la verità storica a quella finzionale. Sicuramente, anche se scrivere un romanzo non è essenzialmente diverso da scrivere un racconto, richiede un impegno molto maggiore e per un tempo molto più lungo, per gestire al meglio l’arco narrativo e le svolte. Inoltre fin dall’inizio c’era un’idea chiara della storia e dei personaggi, ma tutto, ovviamente, era essenziale e schematico. La scrittura si costruisce scrivendo, quindi man mano che procedevo emergeva nuovo materiale, con nuove scelte da operare e nuove scene da costruire. In tutte le stesure (ne ho contate sette) mi ha accompagnato sempre il timore di non aver mostrato abbastanza, di non aver scavato abbastanza nel cuore dei personaggi. È stato un lavoro di continuo approfondimento, diciamo così.

Esperimenti e messe in scena paiono essere i punti cardine del romanzo. Come si è mossa dal punto di vista della ricerca storica per svilupparne la trama?

Le mie fonti sono state varie. Per Marey mi è stato molto utile “Picturing time” di Marta Braun, un testo bellissimo che mi sono fatta arrivare dagli USA. Per Napoli, invece, ho ripreso i racconti e le descrizioni dell’epoca, gli scritti di Di Giacomo, Serao, Mastriani. E ho anche consultato un’amica storica della danza per approfondire la parte che riguardava i balletti classici. Comunque Coppèlia e il Gran Ballo Excelsior sono molto noti. Ho preferito dare risalto alla parte narrativa più che tecnica. Per Coppèlia ho riletto L’uomo di sabbia di Hoffman, perché mi interessava l’aspetto psicologico della storia. Il Gran Ballo, invece, è l’esaltazione del progresso, incarna la tensione tutta positivistica verso il futuro e quindi la messa in scena che ho immaginato tendeva a sottolineare questo aspetto. Ho fatto ricerche anche sui primi esperimenti di volo, per capire quanto fossero plausibili le invenzioni di Tunino. Inoltre sono stati incredibilmente utili tutti i documenti visivi, dipinti e fotografie.

Napoli e Parigi all’epoca della Grande Esposizione Universale, possono essere analizzate parallelamente? Pensa ci fossero degli elementi che le accomunavano?

Erano due città in fermento, questo era sicuramente un tratto comune. Poi all’epoca Napoli dal punto di vista artistico e scientifico era una città capitale, dal respiro europeo, venivano a studiare e lavorare scienziati da tutta Europa. Quindi sotto questo aspetto assolutamente paragonabile a Parigi. Purtroppo nel tempo le differenze le hanno rese molto diverse, non solo in termini quantitativi (ricchezza, numero di abitanti ecc.). A mio parere quello che è sempre mancato alla nostra città è una forte borghesia illuminata e un forte senso della cittadinanza, della società civile. Oltre naturalmente a una politica centrale né predatoria né assistenziale.  Nel tempo questo ha allontanato Napoli dal suo ruolo di capitale europea lasciando spazio solo ad una inutile nostalgia, anche se in molti ambiti, ad esempio quello artistico, Napoli ha sempre tante frecce al suo arco.

Sta già lavorando al suo prossimo romanzo. Possiamo avere qualche anticipazione su questo nuovo progetto?

Si tratta di una prosecuzione ideale del primo. L’arco temporale va dall’inizio del ‘900 alla seconda guerra mondiale, quindi è molto più lungo. I protagonisti sono personaggi nuovi, ma sono presenti anche, visti attraverso il loro sguardo, quelli del primo romanzo. Ci sarà la musica, la festa di Piedigrotta, la scultura, lo sviluppo del cinema e del volo, la guerra. La politica sarà sempre presente, come nel primo. Di più, per ora, non posso dire.

Emanuela Borgatta Dunnett 

Mara Fortuna