Le Amazzoni

Le Amazzoni di Manuela Piemonte

INTERVISTA A MANUELA PIEMONTE

Sara, Angela e Margherita. Tre bambine. Tre protagoniste indimenticabili.

Le Amazzoni (Rizzoli Editore) di Manuela Piemonte è un romanzo folgorante, ambientato in un momento storico quasi caduto nell’oblio, ma che ci riguarda da vicino.

Un libro che riecheggia nella memoria, una volta terminato e – grazie al quale – abbiamo potuto porre qualche domanda di approfondimento all’autrice.

Vorrei, innanzitutto, chiederti come è giunta a te questa storia

Si tratta di una storia che nasce da una coincidenza. Un’estate mi trovavo in vacanza nella zona di Marina di Massa quando sono capitata su un tratto di costa pieno di edifici di ex colonie estive di epoca fascista. Uno degli edifici mi colpì in particolare, sulla facciata aveva ancora scritto le parole “Gioventù italiana”, che era la dicitura ufficiale per la Gioventù italiana del littorio, l’organizzazione che inquadrava tutti i bambini e i ragazzi sotto il fascismo. Così mentre guardavo quella facciata in un istante mi sono chiesta come fosse andare in vacanza lì in quell’epoca. Mi sono ripromessa di fare qualche ricerca sul tema ed è così ho scoperto la storia vera dei 13.000 figli degli italiani che vivevano in Libia, bambine e bambini che furono portati in Italia per una vacanza proprio in quelle colonie estive. Ma la guerra li sorprese lì, separandoli per anni dalle loro famiglie.

Come ti sei mossa dal punto di vista della ricerca storica?

Ho consultato diversi archivi e documenti. Dopo una prima fase di ricerca, ho rintracciato alcune persone che avevano vissuto realmente quell’esperienza, per avere conferma di ciò che avevo trovato scritto ma anche per fare domande più mirate rispetto alla storia che avevo in mente. Sicuramente mi è stato molto utile trovare delle riviste del 1942 che erano dedicate proprio a raccontare la vita quotidiana di bambini e ragazzi che soggiornavano in queste colonie.

Perché possiamo considerare le tre protagoniste delle amazzoni?

Le protagoniste, Sara, Angela e Margherita, sono tre sorelle di nove, sette e cinque anni. Bambine di una famiglia di agricoltori, che vivono in un mondo tutto loro. Trovarsi nella colonia estiva, che ben presto diventa simile alla vita di un collegio, le mette di fronte al mondo reale. Sono in balia la disciplina del regime e delle ristrettezze imposte dalla guerra. Vivono una serie di esperienze difficili, che potrebbero piegarle, ma loro hanno sempre in mente una donna a cavallo che hanno visto prima di partire, in Libia. Una specie di visione di forza e coraggio, che ritrovano in altre donne adulte con cui hanno a che fare, e che le guida ed è sempre con loro mentre crescono e diventano, a loro modo, delle amazzoni.

Quali sono state le sfide nel riportare alla luce un pezzo di storia quasi caduto nelloblio?

La sfida maggiore è stata dal punto di vista narrativo: ho dovuto ritrovare in me il punto di vista di una bambina, spogliarmi degli anni passati, delle esperienze e anche del modo in cui si reinterpretano i proprio ricordi, e restare lì, nei panni di bambine che si ritrovano all’improvviso in balia della Storia. Ho lavorato molto sul linguaggio, per ricreare con ogni singola parola l’atmosfera che avevo trovato nei documenti dell’epoca e al tempo stesso per tenere viva la forza dell’immaginazione che vedevo nelle tre protagoniste e restituire il senso profondo dell’arco narrativo in cui le seguiamo nella loro crescita. Ci tenevo a riflettere anche nella scrittura, nella voce narrante, e non soltanto nei dialoghi, le loro voci di bambine, i loro punti di vista, lo sguardo che rivolgono a un mondo precipitato nel caos.

Possiamo già sapere a quali progetti futuri stai lavorando?

Al momento sto scrivendo una raccolta di racconti, anche come rito di passaggio da questo primo romanzo ad altre e nuove storie. Per me è un ritorno alle origini perché quando ho iniziato a scrivere per anni ho scritto solo racconti. E poi ho in mente un’idea per un nuovo romanzo, ma anche in questo caso richiede un po’ di ricerche e richiederà del tempo.

Emanuela Borgatta Dunnett