
Intervista a Renato Ariano
Un punto di vista estremamente nuovo sulla Commedia Dantesca. L’Eros segreto di Dante, a cura di Renato Ariano, vuole sfatare rigidi miti e permettere al lettore di scoprire orizzonti inattesi.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo e di farci raccontare le sue, tante, scoperte…
Vorrei iniziare col chiedere qualche dettaglio sulla genesi di un’opera così unica nel suo genere. Com’è giunto alla scelta di un argomento così poco battuto da critici e studiosi?
Si è trattato di un approccio progressivo. Ho ripreso in mano la Commedia da adulto, quasi per caso, dopo che da ragazzo l’avevo più subita che amata, in quanto me l’avevano fatta studiare a scuola. All’inizio ero partito spinto dalla curiosità di capire cosa intendesse dire Dante al proprio lettore (quindi anche me personalmente, pur dopo tanti secoli) quando lo sfidava a scoprire cosa ci fosse nascosto sotto il velame delli versi strani. In seguito, sono stato letteralmente trasportato da una vera e propria passione che, dopo che le prime scoperte, mi ha aperto sconfinate praterie di prospettive dantesche e mi ha indotto scrivere questo libro in onore alla grandezza di questo Poeta molto osannato, ma anche molto mistificato dai posteri. Il campanello d’allarme per me fu costituito dal passo finale del X Canto del Paradiso, che nel mio libro analizzo dettagliatamente e che ho voluto ribattezzare L’Orologio erotico.
Ho poi verificato che in molti canti del Paradiso erano presenti altri simili passi, dal significato erotico e scabroso. Consultando un sacco di commenti ufficiali alla Commedia, compresi anche che l’erotismo di Dante, in realtà, non era sfuggito a tutti, ma molti commentatori ufficiali preferivano sorvolare, per esempio, sulla scabrosità dell’accostamento tra sesso e recita del mattutino da parte dei fedeli e soffermarsi a parlare più discretamente della bellezza e armonia dei versi piuttosto che sul loro contenuto, come se svelare la sensualità che emanava da quei versi fosse sconveniente. E pensare che Dante stesso dice nel Convivio che la sua opera deve intendersi in più sensi sovrapposti! Ho esitato molto prima di pubblicare questo libro. So bene che è difficile modificare una opinione oramai cristallizzata e divenuta stabile nell’immaginario collettivo, tanto più che mostrare Dante com’era in realtà non farebbe comodo a molti. Invece era un uomo dal pensiero estremamente libero e che non si farebbe incasellare in schemi rigidi e stereotipati.
Perché crede, l’eros in Dante sia stato così a lungo accantonato ed omesso?
Il sesso, come ce lo presenta Dante nel Paradiso, riprendendolo dal Cantico dei cantici, costituisce una realtà rivoluzionaria. Bisogna ricordare che la sessualità ha sempre subito, nelle diverse epoche storiche, un’implicita e sottintesa volontà di potere da parte delle diverse istituzioni sociali, sia religiose sia secolari. Questi poteri hanno sempre dettato le condotte fondamentali della vita, i desideri appropriati, gli standard estetici. La visione del sesso come peccato fu introdotta nel cristianesimo da Paolo di Tarso, ma anche i poteri politici, in qualche maniera, hanno sempre teso a regolamentare il sesso. Questo è sempre avvenuto perché il nucleo dell’erotismo è rappresentato dalla trasgressione e questa è sempre potenzialmente rischiosa per le regole della vita sociale. Per questo Dante andava bene come grande poeta e teologo accreditato, ma doveva essere edulcorato nei suoi aspetti più trasgressivi. Voglio ricordare che, nei primi secoli dopo la pubblicazione della sua Opera, la Chiesa gli era avversa. A tal punto che il cardinale Bertrando del Poggetto fece bruciare il suo De Monarchia e avrebbe voluto gettare sul rogo anche le ossa del poeta.
In seguito, a causa del persistente e clamoroso successo di Dante come autore, la Chiesa ha iniziato a cooptarlo, a partire da Benedetto XV nel 1921 e tutti i papi a seguire, sottolineando “l’intima unione di Dante con la Cattedra di Pietro”. Paolo VI affermò addirittura che era un dovere della Chiesa riconoscere Dante come proprio. In realtà Dante, nella Commedia, come ha dimostrato anni fa il filosofo Bruno Nardi, presenta alcune idee non in linea con la dottrina cattolica e l’abbraccio della Chiesa a Dante in realtà vuole soffocarlo e mistificarlo.
Dante sembra quasi essere caduto all’interno di un rigido schema di analisi letteraria, mentre lei ci offre un punto di vista nuovo e liberatorio. E’ stato difficile rivedere tutta la Commedia in questa ottica inusuale?
All’inizio, anche a me sembrava quasi un sacrilegio accostare una figura istituzionalizzata come Dante al discorso dell’erotismo. Poi, approfondendo l’analisi ho scoperto che questa è una forma di erotismo mistico, che impregna di se tutta la Commedia, e che si ispira a un Libro Sacro dell’Antico Testamento, il Cantico dei cantici, anch’esso pieno di immagini erotiche che allegorizzano il rapporto del credente con Dio. In fondo, poi, la Commedia è il racconto di una grande storia d’amore che continua oltre la morte e permette a Dante di rivedere Beatrice e riviverla come il suo tramite con il divino.
Inoltre, questo collegamento tra Amor sacro e Amor profano rientra perfettamente nella visione dantesca di una integrazione tra diverse culture e diversi aspetti del mondo reale, anche se apparentemente contrastanti. In questa medesima maniera Dante riesce a far convivere felicemente in Paradiso san Tommaso d’Aquino e Sigieri da Brabante, in vita avversari teologici.
L’Eros Segreto di Dante segue Dante Templare Nascosto. Può dirci qualcosa in più sulle scoperte inerenti al suo precedente romanzo?
Con quel libro incominciai a scrivere del legame spirituale fortissimo di Dante con i Cavalieri Templari dei quali era contemporaneo e di cui seguì in diretta la storia sventurata. Dante non era certo un templare, ma era legato ai Cavalieri del Tempio probabilmente perché affiliato ad una confraternita che sosteneva l’Ordine. Le prove di questo legame, che enumero nel libro, sono presenti in tutta la Commedia e sono numerosissime. Non ultima la scelta di san Bernardo da Chiaravalle come sua ultima guida in Paradiso, dopo Virgilio e Beatrice. Bernardo era colui che aveva ispirato la regola dei Templari e aveva scritto un libro in loro lode. Inoltre, Bernardo era l’autore di ben 86 sermoni sul Cantico dei cantici che, come ho detto prima, era un Libro Sacro a cui Dante aveva tratto ispirazione sia per la Vita Nuova, sia per la Commedia.
In questo libro dimostro, inoltre, come uno dei segreti di Dante quando parlava del misterioso Veltro liberatore dell’umanità e il cinquecentodiece e cinque dell’ultima profezia di Beatrice, nonché il novenne nominato da Cacciaguida, intendesse se stesso, considerando la sua Commedia come l’opera che avrebbe aperto gli occhi al mondo intero. Infine, in questo libro ho iniziato a trattare della numerologia dantesca, struttura connettiva e architettonica dell’intera sua Opera e nella quale sono spesso presenti i numeri cari ai Templari ovvero il nove e il tredici, questo scarsamente considerato dalla critica ufficiale.
Possiamo già chiederle qualche anticipazione sui suoi progetti futuri e sulla terza parte della trilogia dantesca?
Non scrivo solo di Dante. Attualmente sto completando la revisione di un romanzo che parla dell’ambiente medico, che conosco bene in quanto svolgo questa professione da parecchi anni. Affronto in questo libro il tema del rapporto tra medico e malato e dei problemi dell’organizzazione sanitaria italiana, spesso inadeguata e paradossale. Per far questo ho scelto un registro tra il serio e il leggero, utilizzando anche, a tratti, una chiave umoristica.
C’è poi il progetto della trilogia dantesca già abbozzato da tempo. Il prossimo tema dovrebbe essere quello della numerologia dantesca, troppo trascurata anche questa dalla letteratura ufficiale e di solito poco gradita anche dai lettori che la considerano noiosa. Invece, Dante conferiva a questa caratteristica della sua Opera una grande importanza. Anche in questo ha tratto ispirazione dal suo maestro Virgilio. Anche l’Eneide si basa sui numeri e le simmetrie. I numeri e la geometria sono sempre presenti nella costruzione dei canti della Commedia in maniera coperta così che spesso ci sfuggono, con simmetrie nascoste e consonanze a intervalli regolari. A qualcuno potrebbero sembrare giochini complicati e gratuiti, mentre invece hanno sempre una motivazione precisa e Dante li collega sempre ai concetti che vuole esprimere al fine della ricerca di un’armonia suprema. Questa organizzazione numerologica non è abbandonata anche da autori moderni. Anche l’ultimo Calvino, nel suo Palomar, l’ha utilizzata ampiamente. Si tratta di un’architettura sommersa che ancora oggi in gran parte è sconosciuta perché il Poeta non ha lasciato nessuna traccia scritta del suo grandioso progetto e lascia al lettore la fatica di scoprirlo. Si tratta di un lavoro molto impegnativo, per questo non so bene se o quando sarò in grado di completarlo.
Emanuela Borgatta Dunnett