Le Impressioni di Berthe

Le Impressioni di Berthe di Stella Stollo

INTERVISTA A STELLA STOLLO

Narrare il Movimento Impressionista da un punto di vista completamente nuovo. Impresa portata a termine con successo da Stella Stollo, la quale ripercorre gli anni vibranti della Francia di fine Ottocento, delineando la biografia di Berthe Morisot, sottolineandone l’imprescindibile importanza.

La narrazione de: Le Impressioni di Berthe (Graphofeel Edizioni) parte dal 1896, data in cui vennero esposte le opere della Morisot per la prima volta, ad un anno dalla sua scomparsa. Il gallerista Durand-Ruel organizzò, infatti, una retrospettiva monografica con 394 opere tra dipinti e disegni.

Una tre giorni in cui si susseguirono le visite di artisti e curiosi, ma che lascia – in questo splendido romanzo – spazio al lettore per concentrarsi su Julie, figlia della Morisot, la quale ci accompagna alla scoperta di una delle più grandi pittrici di sempre, dipinto dopo dipinto.

Quali sono state le sfide nel narrare il periodo impressionista dal punto di vista della Morisot e com’è approdata all’idea del romanzo?

C’è chi li chiama “segni “ e chi “coincidenze”.  Ad ogni modo è così che Berthe Morisot mi ha catturata: con una sequenza di piccoli eventi concatenati e occorsi nel breve lasso temporale di due o tre giorni, apparentemente banali e insignificanti se considerati singolarmente, ma che, tutti insieme e incalzanti, hanno acquisito una forza magnetica e mi hanno spinta verso di lei. Ora la luce sfumata e vibrante di uno dei suoi quadri in cui mi capitava di imbattermi in rete, ora una citazione che spiccava tra le righe di una pagina, ora gli occhi scuri e vellutati dipinti da Manet che mi fissavano da un libro d’Arte aperto a caso, ora un articolo su una mostra impressionista: tutto in quei giorni pareva ricondurmi a lei come una calamita, facendomi desiderare di conoscerla più a fondo.  Così ha avuto inizio il mio personale viaggio alla scoperta di una straordinaria artista, il mio libro è il racconto romanzato di questo viaggio.  Pensavo sarebbe stato un racconto di poche decine di pagine. Ma poi i pensieri e le emozioni si sono moltiplicati, gli spazi e i luoghi dilatati e ne è nato un romanzo.

Narrando, ben presto mi si sono svelati gli intenti principali del mio narrare: non solo celebrare il talento della Morisot e ribadire il ruolo centrale della sua pittura nell’Impressionismo e nell’Arte in generale, ma anche e soprattutto renderne la grande umanità e l’affascinante personalità, far innamorare il lettore di lei come donna prima che come artista.

Ho dato voce a Berthe non solo nei dialoghi ma anche nelle lettere e nei pensieri, affinché comunicasse la sua sensibilità di giovane borghese che vive nella Parigi dell’Ottocento, lo spirito ribelle, l’insofferenza alle convenzioni e alle limitazioni imposte alle donne della sua classe sociale. Nel raccontare il periodo impressionista dal suo punto di vista volevo far trasparire la voglia di libertà e la volontà inflessibile di una donna artista che, nonostante non abbia mai operato uno strappo violento con la società in cui viveva e abbia consapevolmente scelto di non rinunciare a una vita agiata e confortevole, allo stesso tempo ha indirizzato la sua ribellione verso il raggiungimento di conquiste fondamentali all’interno del classico e maschilista mondo dell’Arte. Un’ostinata determinazione l’ha portata a organizzare mostre personali e a immettersi nel mercato dell’arte, in un’epoca in cui vendere le proprie opere e maneggiare soldi era considerato disdicevole per una signora del suo rango.

Altrettanto ferma la sua decisione di non rinunciare all’amore e alla maternità quando per una donna conciliare famiglia e carriera, se ancor oggi è difficile, era addirittura impensabile.

Colpiscono i titoli assegnati ad ogni capitolo. Come sono stati scelti?

I ventuno capitoli del romanzo raccontano episodi della vita affettiva e professionale di Berthe Morisot, dal suo primo incontro con Edouard Manet fino al fidanzamento con il fratello del pittore. A fare da collante tra i vari episodi è la vicenda della prima mostra retrospettiva dedicata alla Morisot, allestita dai suoi colleghi impressionisti e della figlia Julie. Ogni capitolo è quindi introdotto da un breve paragrafo in cui via via procedono i lavori di allestimento e le discussioni sulla sistemazione ideale delle opere. In ognuno di questi paragrafi viene in qualche modo anticipato l’argomento del capitolo successivo ed è contenuta una parola o un’espressione di particolare rilevanza (spesso il nome di un quadro, ma non necessariamente) che diventa il titolo del capitolo stesso.

Il 1896 è una data postuma, ma di estrema importanza per l’artista. I quadri esposti alla retrospettiva a lei dedicata ne ripercorrono la vita e la carriera, rendendo evidente il filo rosso che la legò ai Manet. Come descriverebbe i rapporti di Berthe con i due fratelli?

Quando incontrò Berthe, Edouard Manet era già sposato. Una eventuale relazione extraconiugale non è documentata da lettere, diari o altri scritti.  Mi sono imposta di porre limiti alla mia fantasia e ho preferito ripercorrere la storia del loro rapporto attraverso la serie dei dodici ritratti nei quali Berthe posò per il pittore e attraverso lo studio in parallelo delle loro produzioni artistiche. Alcune opere di quegli anni, per soggetti e ambientazioni, mi suggeriscono una stretta collaborazione professionale tra i due, una grande ammirazione reciproca e la volontà di imparare l’uno dall’altra. Così come certe scelte stilistiche, l’ossessione di Manet per la luce del nero e la ricerca delle evanescenti sfumature del bianco da parte della Morisot, mi indicano la vicendevole intenzione di distaccarsi dall’altrui produzione, forse una certa competizione se non proprio rivalità. D’altra parte, i ritratti eseguiti da Edouard e le pose di Berthe via via più audaci, gli occhi della donna all’inizio inquieti e impauriti e poi sempre più ammiccanti e malinconici, occhi che ora fissano e ora fuggono, mi raccontano l’evolversi di una reciproca passione e lo struggimento per un amore impossibile.

Che dire invece di Eugene Manet? Non credo che Berthe lo abbia sposato solo per ripiego, non potendo vivere appieno l’amore con Edouard. Nelle mie ricerche sono rimasta subito conquistata dal fratello del pittore: bello, timido, romantico e rivoluzionario. Immagino sia successo anche a Berthe! Ho descritto la nascita e l’evoluzione di un amore fatto di amicizia, intesa e complicità, lealtà e generosità. Una coppia molto anticonvenzionale quella di Eugene e Berthe e non solo per l’epoca: era lei l’artista e lui il modello, era lei a guadagnare vendendo quadri mentre lui si occupava principalmente della famiglia e dell’educazione della figlia, era lei a profondere un continuo impegno nella carriera mentre lui sosteneva e appoggiava con assoluta dedizione ogni progetto della moglie, ogni evento che la riguardasse.  Proprio il caso di dire: dietro una grande donna c’era un grande uomo.

Lei si è – altresì – occupata di Firenze, in epoca rinascimentale. Vorrei sapere se si è mossa in modo diverso, dal punto di vista della ricerca storica, per la stesura di Rosso Botticelli.

Se la stesura de “Le impressioni di Berthe” ha richiesto alcuni mesi di ricerche e lavori preparatori, la stesura di “Rosso Botticelli” mi ha impegnata per alcuni anni.

Viaggiare nel tempo e nei luoghi di di Berthe Morisot è stato ovviamente più agevole, non solo per l’enorme quantità di saggi, articoli e manuali esistenti sull’ impressionismo, per gli epistolari e i diari degli artisti e dei loro familiari, in primis il diario di Julie Manet, ma anche e soprattutto per la squisita narrativa e i romanzi della letteratura francese dell’Ottocento, fonti primarie attraverso cui assaporare e vivere la Parigi dell’epoca, frequentare teatri, varietà, caffè e atelier per incontrare i miei personaggi.

Catapultarmi fisicamente nella Firenze rinascimentale, passeggiare per strade e vicoli e sentirne gli odori, entrare nelle botteghe degli artisti, conversare con i miei personaggi, tutto ha richiesto una fatica diversa per la maggiore lontananza sia dalla sensibilità sia dal linguaggio dell’epoca. La lettura di fonti primarie quali “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori” di Giorgio Vasari o “il Trattato della Pittura” di Leonardo, rispetto a quella dei romanzi di Zola o Maupassant, si è rivelata ovviamente più complessa dal punto di vista linguistico, tecnicamente ostica per me che non sono un’esperta d’arte.

Nonostante i maggiori ostacoli incontrati sul cammino, soggiornare nella Firenze rinascimentale è stata per me un’esperienza fascinosa, emozionante e indimenticabile.

Posso già chiederle qualche anticipazione sui suoi progetti futuri?

Per ora mi sto documentando sulla vita e sull’operato di alcune donne della nostra Storia: artiste, scienziate e scrittrici di epoche diverse. Leggo molto, prendo appunti, lavoro di fantasia e scrivo storie. Forse ne nascerà una raccolta di racconti. Magari, come è successo con la Morisot, uno di questi racconti mi coinvolgerà particolarmente, lo spazio della scrittura si dilaterà e ne nascerà un nuovo romanzo.

Emanuela Borgatta Dunnett