Intervista a Valentina Puggioni

Valentina Puggioni sposa perfettamente le parole shakespeariane scelte per descrivere il fascino eterno di Cleopatra.
Molteplici, infatti, i punti di interesse nell’analizzare la carriera dell’attrice milanese, la quale ha iniziato a recitare da giovanissima, approdando ad un corso di recitazione ed i promettenti risultati ottenuti le valgono l’ammissione alla compagnia teatrale “La Fabbrica dei Sogni”, con la quale recita per due anni.
Dopodiché, si dedica al voice over, continuando a lavorare per il cinema ed il teatro, entrando – altresì – a far parte del Drama Studio londinese, nel 2019.
Interprete dalle mille nuances, Valentina porta in scena personaggi classici e contemporanei, spaziando da Lady Macbeth alla giovane Ida, dall’opera originale: Le Pettinatrici.
Nella nostra intervista, analizza il suo metodo nell’avvicinarsi ai personaggi, passando per le doti canore e terminando con lo svelarci i futuri progetti.
Ci parli di come sei approdata alla recitazione e di quali sono le tue ‘vie preferenziali’ per affrontare ogni nuovo personaggio?
Come prima cosa, grazie mille per avermi intervistata.
Ho iniziato a recitare da giovanissima, avevo 14 anni. Dopo il liceo, ho iniziato a frequentare questo corso di teatro tenuto da una ex attrice del Piccolo di Milano. Ha creduto davvero tanto in me e pensava fossi portata per questo mestiere, infatti, una volta finiti gli studi, mi ha presa con sé nella sua compagnia teatrale “La Fabbrica dei Sogni” ed ho lavorato insieme a loro per due anni, con uno spettacolo in tour per tutto il nord Italia. È stato molto importante per me, ho fatto tantissima gavetta, cosa fondamentale a mio modo di vedere.
Dopodiché ho studiato in un’accademia di doppiaggio e recitazione, ho fatto musical, ho lavorato sia al cinema che in teatro e nel 2019 sono stata presa in una prestigiosa scuola a Londra. Avevo bisogno di approfondire, di affinare la tecnica. È stata un’esperienza meravigliosa ed ho avuto la grande possibilità di confrontarmi con una realtà non italiana.
Per quanto riguarda l’affrontare i personaggi, parto da un grosso presupposto: io sono una curiosiona fatta e finita. Quindi, spesso e volentieri, mi faccio mille domande.
Chi è questa persona? Che rapporto ha con gli altri? Con la vita? Con la famiglia? Cosa gli piace fare? Come si sente in merito a x situazione? Qual è il suo colore preferito? A quale animale potrei associarlo, così da prendere spunto? ( Questo spesso lo faccio a teatro).
Penso sia il bello del mio lavoro: imparare a conoscere il mondo, la psicologia umana. Non si smette mai d’imparare.
Ti muovi su due fronti diversi: Italia e Gran Bretagna. Pensi che gli approcci registici ed attoriali differiscano molto o li ritieni compatibili?
In realtà dipende. Nel mio caso, posso dire di aver avuto la fortuna di avere lavorato con registi che mi hanno sempre spronata a dare il massimo e tirar fuori il meglio da un’interpretazione, indipendente se italiani o inglesi.
Il problema italiano è, secondo me, dovuto al fatto che l’arte non è considerata un lavoro vero e proprio, quindi la differenza sostanziale l’ho trovata più in un aspetto generico, se così si può dire.
Hai, recentemente, preso parte ad uno spettacolo dedicato alla Sindrome di Tourette (N.d.R. Aspettando la Potatura). Quali sono state le sfide nell’affrontare un argomento così importante e delicato?
Tantissime.
Quando si affrontano queste tematiche, bisogna sempre informarsi benissimo, onde evitare divulgazione fatta male.
Io ho avuto l’onore di lavorare con Anita, la regista e sceneggiatrice, che ha la sindrome di Tourette e mi ha dato tantissimi spunti di riflessione per interpretare il ruolo al meglio, considerando che è una sua biografia, alla fine. Devi entrare in connessione con qualcosa di estremamente profondo, delicato ed anche doloroso. È stato un onore per me usare il mio lavoro per parlare di qualcosa di così importante ed ancora, purtroppo, poco conosciuto.
Abbiamo parlato della tua carriera di attrice, ma vorrei chiederti – altresì – come intendi sfruttare le tue innegabili doti canore?
Grazie mille per il complimento.
Molti amici dicono di vedermi bene in film tipo “La La land” e confesso che non mi dispiacerebbe. Non credo farei mai musical, ma mai dire mai nella vita. Ho imparato che tutto è possibile, nel vero senso della parola.
Cantare mi piace, mi rilassa.
A quali nuovi / futuri progetti stai lavorando?
Al momento, ho in cantiere una collaborazione con il FAI di Milano, un cortometraggio scritto anche da me, ho lavorato per Sky (non posso ancora dire per cosa però ahah ) e poi continueremo il tour.
A breve filmeró un reel di stage combat, disciplina di cui mi sono innamorata da morire e che penso porterò avanti per parecchio.
Emanuela Borgatta Dunnett
