
La paura e il dolore sono compagni di viaggio. Quando soffro c’è un’altra possibilità di lavoro e mi sento ringiovanita, anche solo di pochi mesi. Quando sono felice sono così impaurita che dovrei subito comprarmi un paio si scarpe nuove. Carol Rama, Torino – Galleria d’Arte Moderna, 20 maggio 2002.
Torino. Le opere recenti di Carol Rama, esposte fino al 6 luglio alla Galleria Franco Masoero Edizioni d’Arte sono da osservarsi congiuntamente al volume “Edoardo Sanguineti – Carol Rama” presentato recentemente alla GAM.
Partire dall’amicizia e dall’affetto che lega i due artisti da oltre cinquant’anni, pare il punto migliore per spiegare l’intensissimo tessuto che li collega, il congiungersi dell’opera e della poetica dell’uno nei lavori dell’altra.
Da una parte uno degli autori del Gruppo 63 e dei Novissimi: Sanguineti, dall’altra un’esponente del Movimento Arte Concreta: la pittrice Rama, riuniti a Torino nell’immediato dopoguerra in una cerchia vivissima di artisti e appassionati che si incontravano per vernissage e prime e mettevano solidarietà ed amicizia al primo posto nella scala dei valori, una sorta di piccola Bloomsbury in cui lo studio del pittore era un vero e proprio punto di incontro dove – al di là del nascere delle querelle tra astrattismo e figurazione – era semplice ciò che oggi appare impossibile: creare una rete di comunicazioni che presupponga un forte contatto umano.
Concetto lontano dall’attuale panorama dominato da videoarte e installazioni, che viene ribadito nel libro, pensato nel 1994 da Paolo Fossati (al quale oggi – a quattro anni dalla morte – è dedicato) e diviso in due parti: nella prima sono raccolti tutti gli scritti di Sanguineti a proposito di Carol Rama, nella seconda troviamo la riproduzione di circa 180 opere dalla fine degli anni ’30 ad oggi. Possiamo dire che le pagine terminano là dove inizia la mostra.
La paura, citata all’inizio, e lo sbalordimento sono alla base dei lavori che abbiamo visto e sono elementi essenziali della biografia di Carol Rama caratterizzata da momenti spesso tragici, eppure attraversati – secondo le parole affettuosissime dell’amico scrittore – con sublime indifferenza, sentimento riservato anche a se stessa.
Il ruolo portante che l’oggetto ha in questi quadri ha subito una mutazione nel corso del tempo: dapprima parte di un bricolage, poi inserito in modo “classico”.
Con Carol Rama non bisogna mai perdere di vista il concetto di ordine, poiché l’oggetto appoggiato ad uno sfondo ready-made (come una mappa o un progetto) può sembrare casuale, in realtà si tratta di una sofferta armonia. Gli opposti sono sempre presenti e rispecchiano perfettamente il carattere dell’artista che non separa spirito e carne.
Davanti al recentissimo ciclo ossessivo della “Mucca Pazza”, ottimamente rappresentato in galleria, ritorniamo col pensiero alle sue parole: “La mucca mi piace perché è pazza, allora ha dei gesti erotici da pazza e ha delle rassomiglianze con noi straordinarie… almeno con me”.
Mammelle, falli, materiali sentiti in senso viscerale che hanno un valore simbolico forte così come lo è attribuire ad un animale affetto da un morbo letale, le nostre pulsazioni erotiche. Le dentiere che sono presenti da sempre nella sua opera, qui sono i denti della mucca stessa che risulta, così, umanizzata.
Infine, il paragone a Marcel Duchamp si fa imprescindibile nelle comete delle “Tonsure”, omaggio ad un genio conosciuto e amato che ha saputo mettere in discussione le regole dell’arte; dissacrante e pronto all’esperimento, fortissimo eppure fragile, così come ci appare anche la più che ottuagenaria Carol Rama.
La gomma di “Prove a carico”, il legno di “Esotica”, la pelle di “Erotica” sono pura poesia proprio come quella di Sanguineti. Non a caso.
[…] Da Edoardo ho imparato quel poco che so, avrei dovuto imparare di più, di più non posso perché non ho le basi; ed è questa la mia nostalgia più grande. Carol Rama a Elisabetta Rasy, 1996.
Emanuela Borgatta Dunnett