Sadayakko, la Duse del Giappone. Cronache della prima tournée di teatro giapponese in Italia (1902)

Intervista a Carmen Covito

Un salto nel tempo, al 7 aprile 1902, data di debutto del primo spettacolo di teatro giapponese in Italia, al Valle di Roma. Le luci dei riflettori sono puntante sulla prima donna della compagnia: Sadayakko (Koyama Sada, 1871-1946), da molti paragonata alla Divina Duse.

Sadayakko, la Duse del Giappone. Cronache della prima tournée di teatro giapponese in Italia (1902), saggio approfondito e documentato ad opera di Carmen Covito (che ne ricostruisce la genesi nella nostra intervista) ripercorre l’interna tournée per la prima volta, descrivendone l’impatto sulla cultura dell’epoca.

Parto dal titolo per chiederle quali sono, a suo parere, i punti di incontro e le divergenze tra Sadayakko e la Duse. Un paragone è, davvero, possibile?
Il paragone era ovviamente un’invenzione propagandistica, che mirava a richiamare pubblico esaltando l’importanza della primadonna giapponese (e funzionò: specialmente in Italia gli spettacoli furono accolti con molta curiosità). Ma i giornalisti che lo inventarono si basavano in effetti su alcune somiglianze nello stile di recitazione: i movimenti di Sadayakko venivano giudicati “realistici” perché non erano enfatici, e anche la Duse lavorava per sottrazione, con movimenti piccoli e ben calcolati.

La fascinazione esercitata su pubblico e critica, da parte delle due “divine”, ha avuto tempi e modi differenti. Cosa resta, oggi, di due talenti di questo calibro?
La Duse è ancora oggi un modello, un faro, un mito: non solo per la recitazione ma anche per essere stata una grande impresaria di se stessa. Sadayakko è stata riscoperta solo di recente dopo un lungo oblio e oggi la riconosciamo come un’innovatrice: fece da ponte tra due culture, portando il teatro giapponese in occidente e quello occidentale in Giappone, e tentando una vera mescolanza. Nella scuola per attrici che aprì a Tokyo nel 1908 insegnava sia le tecniche tradizionali (shamisen, danza) sia la recitazione che aveva visto all’estero.
 
Il suo volume ricostruisce la prima tournée di teatro giapponese in Italia, datata 1902. Come si è mossa per il reperimento di scritti e immagini e cosa l’ha maggiormente colpita in fase di ricerca?
Sono rimasta sbalordita dalla quantità di articoli pubblicati all’epoca in giornali e riviste. Documentano un vero e proprio boom, temporaneo ma vivacissimo, che finora era rimasto quasi completamente ignorato. Bastava mettersi a cercare negli archivi e nelle biblioteche. Per fortuna molti documenti ormai sono reperibili anche nei database online, per molti altri materiali sono andata fisicamente nelle città toccate dalla tournée. E devo ringraziare moltissimo tutti i bibliotecari che mi hanno aiutata anche quando le biblioteche erano inaccessibili, durante la pandemia, mandandomi le scansioni dei documenti che cercavo.

Da studiosa dannunziana, mi preme chiederle quanto si evince della fascinazione di d’Annunzio nei confronti di Sadayakko, dal materiale che ha riportato alla luce…
Purtroppo è andata perduta una lettera in cui d’Annunzio raccontava alla Duse lo spettacolo visto alla Pergola di Firenze. Il critico teatrale della Nazione, Jarro, ci dice però che era stato uno degli spettatori più entusiasti. Evidentemente gli rievocava la sua fase japoniste, che risaliva ormai a una decina di anni prima. E sappiamo che fu molto interessato anche alle “danze luminose” di Loie Fuller, che si esibiva nell’intervallo tra le due parti dello spettacolo: è quasi certo che qualche giorno dopo Fuller si esibì per lui in uno spettacolo privato nel salotto di un’amica inglese, ma, attenzione, niente di seduttivo né di erotico, si trattava di austere danze “alla greca” che la robusta e un po’ intellettualistica “fata della luce” stava sperimentando sulla scia di Isadora Duncan. Anni dopo, tra d’Annunzio e Fuller ebbe luogo uno scambio di lettere, su temi fondamentalmente artistici.
 
Posso chiederle se sta lavorando a progetti futuri?
Per ora, vado avanti con la ricostruzione di momenti d’incontro con il teatro giapponese in Italia, sto scrivendo un articolo sulla ricezione del teatro Noh tra la fine dell’Ottocento e gli anni Cinquanta, per la mia rivista di studi AsiaTeatro (www.asiateatro.it).

Emanuela Borgatta Dunnett