Gabriele d’Annunzio – Luigi Pirandello CORDIALISSIMI NEMICI

Intervista ad Angelo Piero Cappello

Un volume insolito e magnificamente curato da Angelo Piero Cappello è stato, recentemente, pubblicato da Ianieri Edizioni. Gabriele d’Annunzio – Luigi Pirandello. Cordialissimi nemici è un tassello mancante negli studi dannunziani che nasce “dall’invito a condurre una pubblica lezione-spettacolo su uno o due capolavori letterari che hanno caratterizzato il dibattito nel corso del Novecento”.

La premessa è stata la scoperta, da parte dell’autore, delle affinità tra l’Uno, nessuno e centomila pirandelliano ed il Vangelo secondo l’Avversario di d’Annunzio. Si scopre, in questo modo, la celata ammirazione dello scrittore siciliano spesso posto in una posizione di rivalità nei confronti del Vate.

Nel presentare il volume, Cappello sottolinea proprio questo aspetto, affermando che “Pirandello, pur dicendo di odiare quello «spregevole uomo» che sosteneva fosse d’Annunzio, si ritrovò alla fine a stimarne a tal punto l’arte da lasciarsene ispirare in una delle più famose pagine del suo romanzo più bello”.

Partendo da questa affascinante premessa, indaghiamo la genesi del saggio, nella nostra intervista.

Parto col chiederle com’è nata l’idea di mettere a confronto questi peculiari, ma “cordialissimi” nemici.

L’idea è venuta fuori quando, invitato a organizzare una lezione-spettacolo intorno al romanzo Uno, nessuno e centomila di Pirandello, mi sono accorto che una tra le ultime pagine del romanzo nascondeva, in “filigrana”, una pagina del Vangelo secondo l’Avversario di Gabriele d’Annunzio: è emerso, a quel punto, che l’astio del siciliano verso l’abruzzese altro non era che una profonda ammirazione, tale da suscitare nel tempo invidia e gelosia.

Come si è mosso nelle ricerche quando ha deciso di comparare Uno, nessuno e centomila al Vangelo secondo l’Avversario?

Molti anni fa avevo già scritto, per la casa editrice Mursia, un volumetto sul romanzo pirandelliano. E l’anno scorso ho pubblicato una antologia degli scritti dannunziani su Gesù: quando, ora, sono andato a rileggere le pagine finali di Uno nessuno e centomila, lo stile, alcune frasi, la sequenza di parole-chiave nel testo pirandelliano mi hanno richiamato alla mente il testo dannunziano. Allora ho messo a verifica le date di composizione: Pirandello chiude Uno nessuno e centomila nel 1925, mentre d’Annunzio pubblica Il Vangelo secondo l’Avversario nel primo tomo delle Faville del maglio nel 1924. Peraltro, l’idea del raffronto era già nata anche per il fatto che due volte, Pirandello, viene chiamato a celebrare Giovanni Verga: la prima volta, nel 1920 per l’ottantesimo compleanno del corregionale, la seconda volta nel 1931 all’Accademia Reale di Roma. Nelle due circostanze, Pirandello propone un testo di relazione quasi identico, ma la seconda volta viene omessa la frase che, nella prima circostanza del 1920, si leggeva così: “La vita o si vive o si scrive”, riferito a d’Annunzio. Nel 1924, quando d’Annunzio pubblica il primo tomo delle Faville del maglio, vi include un testo intitolato Il secondo amante di Lucrezia Buti nel quale un capitolo, a mo’ di risposta indiretta a Pirandello, reca il titolo “Vivo, scrivo”. Nel 1931, quando Pirandello torna a celebrare il decennale della scomparsa di Verga, parlando di d’Annunzio, cancella quella frase a cui d’Annunzio aveva già dato indiretta risposta. É chiaro, quindi, che Pirandello avesse letto il primo tomo delle Faville del maglio proprio all’indomani della sua pubblicazione…

Cosa ci dicono della celata ammirazione di Pirandello per d’Annunzio, le parole chiave da lei messe a confronto nel testo?

Pirandello, che per tutta la sua vita altro non aveva fatto che stroncare romanzi, poesie, teatro del collega d’Annunzio, esprime per molti anni – fintanto che non diventerà il Pirandello che tutti noi oggi celebriamo – una profonda avversione che, spiega lui, non è solo antipatia umana verso l’uomo Gabriele d’Annunzio ma anche profonda disistima letteraria e artistica verso uno scrittore di fatto vuoto di idee e ricco solo di parole. Una disistima tanto insistita e ostentata che più di qualche critico ha perfino supposto che tanto astio non potesse che nascondere – per contrario – una profonda ammirazione. Ecco, un Pirandello sorpreso invece a “modellare” una pagina del suo più importante romanzo sulla scrittura del suo “odiato” rivale in letteratura dimostra che quell’astio e quell’odio altro non erano che il vestito cattivo di un sentimento umano: la gelosia o invidia che dir si voglia.

Nel tempo, molti studiosi si sono adoperati nel tentativo di ribaltare la damnatio memoriae subita dal Vate. Analizzando i rapporti con Pirandello, come crede siano percepite – oggi – le due figure, soprattutto dal punto di vista letterario? 

Una lunga, insistita, quasi imposta “apologia” di Pirandello ha fatto sì che questo scrittore, una volta descritto falsamente come ‘estraneo’ al fascismo, potesse occupare degnamente il posto che giustamente occupa oggi nel “canone” del Novecento. Al contrario, d’Annunzio, immaginato colpevole di una vicinanza estrema al fascismo, è stato respinto e narrato come malattia del più vacuo e superficiale decadentismo. Ora, a parte che Pirandello prende la tessera del partito nazionale fascista nel 1924 (subito dopo il delitto Matteotti), e che d’Annunzio non ebbe mai tessera di partito (aveva aderito al fascio fiumano di combattimento, ma che era altro dal regime fascista), questo racconto così composto è stato artificialmente imposto alla scuola da alcuni critici militanti che, accecati dall’ideologia, non hanno voluto concedere a d’Annunzio alcuna possibilità di riscatto: e, invece, i due scrittori, ciascuno a suo modo, rappresentano entrambi le più alte vette della letteratura italiana moderna, le sole occasioni, nel Novecento, in cui la letteratura italiana ha potuto competere con quella europea e vincere. D’Annunzio va riscattato da quell’angolo a cui, una indecente critica ideologica, lo ha voluto relegare, spiegando agli studenti di oggi che proprio Gabriele d’Annunzio è lo scrittore più serio e profondo che la letteratura italiana abbia mai avuto: serio e profondo, a dispetto di tutta quella massa di leggenda brutale e superficiale, rozza e volgare, con cui è stato ricoperto il vero volto dello scrittore. Troppi sono, oggi, quelli che si presentano come “studi” su d’Annunzio e che invece non fanno altro che sottolineare aspetti minori e leggendari di un d’Annunzio personaggio anziché occuparsi del d’Annunzio scrittore: d’Annunzio eroe, d’Annunzio amante, d’Annunzio collezionista, profumiere, pubblicitario, amante, animaliere, guerriero ecc. L’unico vero d’Annunzio da studiare è quello delle sue opere letterarie. Il resto è fuffa.  

Il suo operato in ambito artistico-letterario è così vasto ed entusiasmante da concedermi di concludere questa intervista chiedendole a quali progetti futuri sta lavorando.

Sto lavorando a più cose contemporaneamente, ma due in particolare sono quelle che ho fretta di portare a conclusione: uno è un lavoro sul d’Annunzio politico, l’altro è l’edizione commentata di un testo ancora inedito, ma di cui, per ovvie ragioni, non posso parlare nel dettaglio. Infine, ma con più calma, ho quasi terminato un testo che cerca di leggere insieme biografia e letteratura di Gabriele d’Annunzio, criterio al quale lo stesso scrittore ha sempre ispirato sia il suo gesto di vita sia il suo testo d’arte: d’altra parte, lo aveva fatto dire all’inizio della sua grande carriera a un personaggio del suo primo romanzo, “Bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”, e lo ripete in punto di morte, nel suo ultimo Libro segreto: “La mia arte trasfigura il mio spirito, le mie parole scelte e disposte da’ miei ritmi si confondono con le mie più segrete fibre”.

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Angelo Piero Cappello, già dirigente dell’area della promozione culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, attualmente è primo Dirigente della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. Componente del comitato tecnico del MuSa (Museo di Salò) e della Fondazione Michetti per l’arte contemporanea di Francavilla al Mare, è membro del Consiglio di Amministrazione della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma e della Fondazione Il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera. Studioso di letteratura italiana del Novecento, ha pubblicato diversi saggi e studi sulle figure e sulle opere di Pirandello e d’Annunzio. Tra le molte altre cose, ha pubblicato Come leggere Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello con la casa editrice Mursia, mentre ha curato le note esplicative delle Faville del maglio nell’edizione dei Meridiani Mondadori.

Emanuela Borgatta Dunnett