Pezzi rotti al sole

Intervista a Cinzia Canali

C’è una bambina adulta persa in un labirinto, non conosce via d’uscita, non l’ha mai cercata, quei cunicoli oscuri sono per lei casa, l’unica possibile.
C’è un’adulta bambina che parte alla ricerca di quel dedalo, dei pezzi che ne rimangono.
E poi ci sono anime bussole, donatrici di sguardi indulgenti e calde coperte, indispensabili per affrontare il lungo viaggio.
Non si sa molto altro, c’è chi ha visto un lieto fine, chi l’ha solo auspicato. Chi ha scorto un abbraccio, chi l’ha solo immaginato.

Dopo il romanzo d’esordio Patto di tenerezza, Cinzia Canali torna con una raccolta di poesie che paiono scritte sull’orlo di un precipizio salvifico, all’interno del quale si muove con grazia, trascinando con sé il lettore.

Nella nostra intervista ci parla della genesi di Pezzi rotti al sole, atto primo dell’entrata in scena dello spazio lirico nell’universo dell’autrice.

Cosa significa per te scrivere poesie e perché pensi ti rappresentino particolarmente, rispetto ad altri generi?

Nella poesia ho trovato la mia dimensione. Scrivere in versi, per quanto possa suonare paradossale, mi permette di esprimermi con una libertà senza precedenti.

Sono in una fase della vita di forte creatività, la poesia mi permette di darle sfogo esattamente come desidero.

Chi mi legge spesso sottolinea come il mio modo di scrivere risulti graffiante, incisivo, disarmante. Questo mi fa molto piacere, ma credo, in realtà, che l’uso di metafore e allegorie mi aiuti proprio a dare voce al mio dentro, lasciando filtrare solo quello che voglio mostrare, che posso sostenere, in maniera molto naturale.

@Cinzia Canali

Come strutturi, invece, le tue idee prima di tramutarle in verso?

L’istinto è il protagonista assoluto. Può essere un sogno in piena notte, un’immagine o una riflessione. Questione di pochi minuti, si accende qualcosa e scrivo, ho le note del telefono piene di bozze. Sovente la prima stesura è già quella buona. Non ci sono fasi intermedie, il lavoro di revisione giunge sempre alla fine, dopo che ogni testo ha avuto tempo di sedimentare.

Qual è, a tuo avviso, la funzione della poesia e quali gli autori che ritieni più vicini alla tua poetica, se ve ne sono?

La poesia – come ogni altra forma d’arte – deve, a mio avviso, scuotere, porre domande, fare pensiero.

Non mi sento minimamente alla loro altezza, ma Mariangela Gualtieri, Patrizia Cavalli, Chandra Candiani continuano a essere fari necessari per il mio sentire. Poi ci sono autrici “scomode” che rappresentano una scoperta più recente, come Alessandra Carnaroli, Roberta Durante e Roberta Dapunt. Nei loro versi trovo terreno fertile per i miei tormenti.

Com’è nata la copertina del libro e la collaborazione con Claudia Dall’Agata?

La copertina di “Pezzi rotti al sole” è stata ideata e realizzata da Claudia Dall’Agata, un’illustratrice forlivese.

Mi sono molto fidata della sua sensibilità e, a parte qualche spunto, le ho lasciato carta bianca. Il risultato è stato per me fonte di grande gioia, Claudia è riuscita a cogliere l’essenza di questa silloge. È stata in grado di visualizzare le parole chiave e i volti celati tra le poesie.

In generale, durante la pubblicazione di questa mia seconda opera, ho avuto la fortuna di avere al mio fianco anime estremamente affini.

Credo si percepisca e ne vado molto fiera.

Emanuela Borgatta Dunnett