L’AMORE TROVERÀ LA VIA

Gabriele d’Annunzio e Radclyffe Hall

by Charles Buchel (Karl August B¸chel), oil on canvas, 1918

Negli anni Trenta del Novecento, Gabriele d’Annunzio instaura una breve, ma solida, amicizia con la scrittrice britannica Radclyffe Hall (Bournemouth, 1880 – Londra, 1943), all’epoca censurata in patria per i suoi scritti considerati scandalosi.

Hall, di famiglia benestante e grande viaggiatrice, nel 1915 inizia a frequentare uno dei cenacoli londinesi più famosi in Europa, quello di Lady Una Troubridge (Londra, 1887 – Roma, 1963), divenendone l’amante. La coppia vive a lungo in Italia, spesso nelle vicinanze di Gardone, e ha la possibilità di contattare d’Annunzio, inviando al Vittoriale diverse versioni del romanzo di Hall Il Pozzo della Solitudine (1928). Il volume è molto apprezzato dal Poeta, il quale esorta la scrittrice a fargli visita per ringraziarla. L’affettuosa amicizia che ne scaturirà varrà a Radclyffe Hall l’appellativo di “Ambrée”e diverrà un ricordo indelebile, come testimoniato nella biografia dedicata alla scrittrice inglese pubblicata da Troubridge, nel 1961: The Life and Death of Radclyffe Hall.

Dalle pagine date alle stampe, in particolare apprendiamo che il 16 settembre 1934, durante uno dei loro lunghi soggiorni italiani, avviene il primo e unico incontro tra Hall e d’Annunzio. Lady Troubridge si dice rammaricata di non aver potuto avere lo stesso onore, ma utilizza parole accorate nel riportare alla luce i ricordi di quei giorni:

Per molti anni, prima di conoscere John[1], e non appena acquisita familiarità con la lingua italiana, avevo ammirato profondamente tutte le opere del poeta-patriota Gabriele d’Annunzio e da tempo desideravo incontrarlo di persona.

Arrivando a Sirmione percepii per la prima volta la possibilità di soddisfare questo desiderio. Il Vittoriale, la villa di d’Annunzio, si trovava a poche miglia da noi e, poiché i libri di John erano stati tradotti in italiano e le avevano fatto guadagnare una notevole reputazione letteraria, sembrava perfettamente lecito che, durante il suo soggiorno nei dintorni, lei gli inviasse una copia della traduzione italiana de Il Pozzo della Solitudine e chiedesse se le fosse consentito, accompagnata dalla sua amica Lady Troubridge, di portare i suoi omaggi al grande scrittore italiano. Questa procedura mi era stata raccomandata da Romaine Brooks (che lo conosceva bene da molti anni) come l’unica in grado di penetrare il suo isolamento. Mi disse che le presentazioni personali erano inutili e che l’unico passaporto valido per entrare nel suo regno era l’eminenza letteraria.

Sottoponendo la questione a John ricevetti un rifiuto secco e inorridito: era timida, non aveva mai fatto una cosa del genere in vita sua; inoltre il suo italiano, benché ormai fluente, era del tutto eterodosso, e nell’improbabile caso in cui lui avesse accettato di riceverci sarebbe stata bloccata dall’imbarazzo e avrebbe sicuramente fatto una figuraccia.

Tuttavia, io ero molto riluttante a perdere un’occasione che avrebbe potuto non ripresentarsi mai più. Le feci notare che senza di lei non avrei potuto fare nulla e che raramente le avevo chiesto qualcosa abusando della sua timidezza. Comprai a Verona una copia de Il Pozzo della Solitudine, stesi una lettera adatta, per risparmiarle la fatica, così cedette alla mia insistenza.

Scrisse anche una missiva di suo pugno e la imbucò insieme al libro, pregandomi di non nutrire speranze destinate ad essere deluse, poiché era ben noto a tutti che “Il Comandante” (l’unico titolo con cui accettava di essere menzionato) era da tempo completamente recluso e rifiutava di ricevere persino i suoi vecchi compagni d’armi. Molti erano stati gli sforzi fatti per ottenere l’ingresso nel magnifico palazzo che era diventato la sua prigione… (i carabinieri ai cancelli e il colpo di cannone sparato ogni volta che usciva o rientrava nella dimora erano tanto una precauzione governativa quanto un tributo di rispetto). In tutta Italia, dopo le sue fantastiche imprese aeree, terrestri e marittime durante la Prima Guerra Mondiale… (va ricordato che fu il suo discorso a Quarto a far dell’Italia un nostro alleato…) e in particolare dopo l’avventura di Fiume, il suo nome era diventato celebre e un suo minimo movimento, motivo di interesse universale.

Passarono dieci giorni dall’invio della lettera e cominciavo a credere che John avesse ragione, quando all’improvviso l’oracolo parlò. A quel tempo a Sirmione c’era un solo telefono, una cabina pubblica all’ufficio postale che recapitava i messaggi in tutto il promontorio, dimodoché i funzionari avessero la possibilità di controllarli e diffonderli. La sera dell’undicesimo giorno, in uno stato di eccitazione trafelata Annita, la piccola cameriera dell’albergo, ci raggiunse di corsa dicendo che era arrivato un messaggio dal Vittoriale. Il foglio piegato che teneva in mano informava Radclyffe Hall che il giorno seguente si sarebbe presentata un’automobile che le avrebbe portato una lettera del Comandante. A questo punto anche John iniziò ad agitarsi e l’eccitazione crebbe quando, a mezzogiorno del giorno successivo, fu recapitato un altro messaggio telefonico in cui si diceva che l’auto era partita dal Vittoriale. Il suo arrivo era previsto da un momento all’altro e tutta Sirmione era in giro a cercarla, ad eccezione di John che, dopo essere stata punta da una mosca cavallina, stava curando una caviglia gonfia nella nostra camera da letto. Io ero affacciata alla finestra quando finalmente l’auto arrivò alla porta: un’Alfa Romeo da corsa con un piccolo gagliardetto con i colori del Principe di Montenevoso. Naturalmente, in un attimo ero giù per le scale, in tempo per salutare un’anziana signora che portava una busta con sigilli blu indirizzata, in una scrittura grande e ornamentale, a “Radclyffe Hall all’albergo Catullo”. La signora si rifiutava di separarsene, avendo ricevuto l’ordine di consegnarla direttamente nelle mani di John.

Spiegai che John non poteva scendere, così una processione di persone si mise a salire le scale per trovarla: mademoiselle Aélis che portava la lettera ed altre buste voluminose, il portiere dell’hotel con un enorme mazzo di garofani e alloro legato con il nastro blu e rosso di Montenevoso e, infine, Annita che stringeva una grande ciotola di porcellana con “La Cornucopia” del Comandante ed il suo motto: “Io ho quello che ho donato”. Era piena di uva moscata dorata raccolta, come le disse nella lettera, nel suo “frutteto segreto” e cosparsa di petali di rose gialle. La ciotola era avvolta in un grande fazzoletto di seta blu e rosso, ricamato con un altro dei motti di d’Annunzio.

Le voluminose buste contenevano gioielli; bracciali di rubini, zaffiri e platino realizzati da Mastro Paragon Coppella[2], l’orafo del Vittoriale. C’erano altri gioielli di valore e copie dei suoi libri con dedica a John, ma la lettera superava tutto il resto in termini di interesse. Sembrava che avesse letto Il pozzo della Solitudine, di cui scriveva con profonda ammirazione, e tutto questo splendore mediceo di doni era stato pensato per onorare l’autore di un’opera così bella. Le chiese l’edizione originale in inglese, di cui, le assicurò, aveva una notevole padronanza; disse che avrebbe voluto che lei andasse a trovarlo, ma (e questa era sicuramente l’ironia del destino) che, non essendo più un giovane, incontrava solo colleghi letterari ed era sicuro che sarei stata comprensiva se le avesse chiesto di andare a parlare con lui da solo! ‘a tre occhi’ – allusione al fatto che vedeva solo da un occhio.

John era angosciata e contenta allo stesso tempo. Apprezzava pienamente l’onore che le aveva fatto, essendo lei stessa un’ardente ammiratrice del suo lavoro; ma era infelice al pensiero della mia delusione! Tuttavia, non c’era nulla da fare e il giorno seguente l’auto tornò nel primo pomeriggio, con Mademoiselle Aélis incaricata di andare a prenderla. C’era anche un’altra lettera molto interessante, regali di valore per entrambe e una serie di fotografie del poeta dalla prima adolescenza fino ai giorni nostri. Fu allora che la gentile Aélis suggerì che, poiché il Comandante le aveva detto che avrebbe potuto accettare di vedermi più tardi, dopo il suo tête-à-tête con la collega autrice, avrei fatto meglio ad accompagnarli fino a Gardone e ad aspettare in albergo nel caso fossi stata convocata. Mi spiegò che lui aveva poco senso del tempo ed era capace, in qualsiasi momento del pomeriggio o della sera, di decidere all’improvviso che avrebbe voluto vedermi e di aspettarsi la mia presenza immediata, come per magia. Così, tutti e tre salimmo sull’Alfa Romeo e partimmo a gran velocità, guidate da un ex asso dello squadrone del Comandante. La strada fu tenuta sgombra per tutto il tragitto dall’auto, il cui clacson era familiare agli abitanti del luogo. Fui lasciata al Grand Hotel di Gardone e, alle quattro del pomeriggio, John fu accompagnata al Vittoriale. Non dimenticherò facilmente quel pomeriggio e quella sera. Rimasi seduta nel caldo torrido di quell’albergo per quasi otto ore, letteralmente divorata dalle zanzare, a tentare di domare la mia anima delusa con tutta la pazienza che riuscivo a trovare, leggendo la copia autografata de Il Fiore delle Laudi che il Comandante mi aveva inviato, presumibilmente per tenermi tranquilla! Verso le otto e mezza la fedele Aélis telefonò: John e il Comandante erano andati a cena tête-à-tête, lui aveva respinto un timido suggerimento di mandarmi a chiamare e io avrei fatto meglio a procurarmi qualcosa da fare dove mi trovavo.

Era quasi mezzanotte quando riapparve l’auto, con John sommersa da altri regali, colma di gioia perché era portatrice di un nuovo invito: dovevamo tornare entrambe il pomeriggio seguente e il Comandante, nel mostrarle il suo studio, aveva detto che non avrebbe esposto i propri manoscritti fino all’arrivo di Una…

Fu un viaggio sotto una notte stellata, accompagnato dalle parole di John che raccontava le ore che aveva trascorso, affascinata da questo piccolo grande genio con un occhio solo. Sono felice di poter dire che molto presto, prima che le sue impressioni si fossero smussate, raccolse il resoconto della sua esperienza in preparazione di una futura conferenza.

Tuttavia, sembrava che io non fossi destinata a incontrarlo. Il giorno successivo, con grande divertimento di John, appena pranzato mi preparai per la visita tanto desiderata… Certamente mi ero prefissata di fare del mio meglio, con la sensazione di dover fare onore a John… ma arrivò un altro messaggio telefonico dal Vittoriale: il Comandante era profondamente dispiaciuto ma non stava bene e non avrebbe potuto riceverci quel giorno.

Il giorno dopo lasciammo Sirmione per Parigi.

La delusione di John per me superava di gran lunga la mia. Continuava a ripetere che era stato tutto così ingiusto, che tra noi due ero io la più ansiosa di conoscerlo… tuttavia il fato sapeva il fatto suo e, per entrambi, il loro incontro era stato più di un incidente passeggero. D’Annunzio aveva fatto molti progetti per altre occasioni: lei avrebbe dovuto dedicargli il prossimo libro e scriverlo in una villa all’interno della tenuta in cui avremmo vissuto a tempo indeterminato come sue ospiti; ma la malattia e la malinconia lo avevano già colpito e nessuno di questi progetti era destinato a realizzarsi. Tuttavia, anche se non si sarebbero mai più rivisti, John gli dimostrò sempre un affetto sincero che lui sembrava apprezzare e ricambiare, perché – di tanto in tanto – le inviava dei messaggi chiedendole di scrivergli, come aveva promesso. Le riservava anche copie speciali dei suoi libri man mano che venivano pubblicati.

In due occasioni arrivò a chiederle di venire da lui e ogni volta lei rispose affermativamente all’invito. Ma quando arrivammo a Gardone e salimmo al Vittoriale scoprimmo che aveva ceduto alla propria malattia mentale che lo portava a nascondersi anche dalle persone più care e, secondo la sua devota châtelaine, Luisa Baccara (con la quale stringemmo un’ottima amicizia), avrebbe anche potuto non uscire più dall’isolamento.

Per due volte passammo una settimana al Grand Hotel di Gardone, in attesa di una convocazione che non arrivò mai e, a intervalli regolari, la macchina scendeva dalla villa per raccogliere le lettere che lui la pregava di scrivergli… C’era una curiosa affinità tra loro, in cui io non avrei mai potuto avere alcun ruolo.[3]

***

Le missive destinate a Hall, cui allude Lady Troubridge sono capolavori di intensità e ricercatezza. La prima, su carta intestata con motto Semper Adamas, è datata 12 settembre 1934:

Radclyffe Hall,

une noble musicienne élevée sur les genoux de la Musique – amicalement attentive ici aux trop nombreuse envois – avait retenu votre livre et votre lettre!

Elle avait lu le livre profondément, comme elle s’empare du « dernier » Beethoven ou du «troisième» Debussy sur le papier réglé.

Pour que vous puissiez comprendre je vous envoie un très rare livret – excultum libellum – qui contient les seules pages d’art pur écrites par moi au-dessus de cette perspicace fureur de la conquête, quand mon courage n’était qu’un aspect de ma poésie.

Mais lundi 10 (avant de partir pour la cure de Levico qui polit et dore si pathétiquement la peau: ivory body[4]) elle me donna enfin votre livre qui pesait en sa paume comme une riche matière. «Questa è una bella materia» disait Francesco Francia[5] en soupesant une oeuvre d’art. On sait que j’aime juger par cette courte sentence, en grand artiste et en robuste artisan, un livre comme un bronze une pierre dure un cristal gravé.

Radclyffe Hall, je regrette que vous ne m’ayez offert le texte anglais de The Well of Loneliness.

Je connais votre langue en philologue studieux et gourmet. Comme j’avais écrit une page anglaise sur la mort de Henry Segrave[6], les étudiants d’Oxford me témoignèrent avec une juvenile générosité leur étonnement à retrouvez une certaine ordonnance et cadence de la vielle prose en ce concis éloge funèbre.

Ils semblaient y goûter une saveur archaïque; et ce n’était que pureté, ce n’était qu’une dévote pureté.

J’en eus la plus haute des récompenses : par la veuve, par les corporations nautiques, par la fière élégance de ceux qui n’avaient pas oublié cet Italien balafré aux jours mêmes de la balafre de Stephen Gordon.[7]

Je garde ici, parmi de sublimes reliques, le volant qui d’était tordu en brisant l’aride foie de Sir Henry Segrave.

Je vous demande, Radclyffe, le texte original.

Les premières trois cents pages sont d’une souveraine puissance. Et dans les autres, jusqu’à la dernière, il y a des vigoureuse figures, d’âpres souffles; et aussi, entre ombre et ombre, « toute grâce, toutes nuances… »

Sans hâte, je vous écrirai dans l’esprit de Francesco Francia.

Aujourd’hui – en suivant les antiques usages de mon pays des Abruzzes – je vous envoie ces blonds raisins de mon verger secret.

Et voici une image, puisque l’histoire de Radclyffe me touche par sa ressemblance avec l’histoire de mon plus grand amour équestre: de mon irlandais gris pommelé Malatesta, dont la vieillesse et la fine furent atroces entre les griffes de mes usuriers créanciers toscans.

Voici l’image.

Ce Septembre, jeune chasseur aux hanches étroites et aux longues jambes sans duvet, me fait penser à Stephen Gordon en l’acte de tendre la claire grappe à Rafferty[8] qui sait ingénieusement grappiller. «Me voici, vieux. Je suis revenue. Je suis toujours à toi, Rafferty, Malatesta, Amaranta, Undulna, Aligi, Jolo…»[9]

A vous et à votre amie Mastro Paragon Coppella orfèvre du Victorial ose offrir des chainons d’ancre : la maglia marina.

Radclyffe, et veuillez presser vos papiers palpitants aves ce morceau de marbre qui emprisonne l’aigle de l’aviateur téméraire.

« Love will find out the way. »[10]

Sans doute vous aimez, comme moi, vos early ballads.

« O open the door to me! »

Le Victorial: 12 septembre de Ronchi (1919) 1934.

Gabriele d’Annunzio

Busta: Radclyffe Hall – nell’Albergo di Catullo in Sirmione

Si veda: D’Annunzio. Connessioni d’Oltremanica per immagini

Radclyffe Hall,

una nobile dama poggiata sulle ginocchia della Musica – amichevolmente attenta ai troppo numerosi invii – aveva trattenuto il vostro libro e la vostra lettera!

Ella ha letto il libro con attenzione, apprezzandolo come fa con l’”ultimo” Beethoven o il “terzo” Debussy, sulla carta rigata.

Poiché voi possiate meglio comprendere, vi invio un libretto molto raro – excultum libellum – che contiene le uniche pagine d’arte scritte da me a seguito d’un acceso furore di conquista, quando il mio coraggio non era che un aspetto della mia poesia.

Ma lunedì 10 (prima di partire per la cura di Levico terme che pulisce e indora così languidamente la pelle: ivory body) ella mi ha infine donato il vostro libro che pesava sul suo palmo come una ricca materia. “Questa è una bella materia” diceva Francesco Francia soppesando un’opera d’arte.

Si sa che io amo giudicare, a partire da questa breve frase, un grande artista o un capace artigiano, un libro così come un bronzo, una pietra dura o un cristallo lavorato.

Radclyffe Hall, mi spiace che non mi abbiate offerto il testo di The Well of Loneliness in inglese.

Conosco la vostra lingua come filologo studioso e appassionato. Poiché scrissi una pagina in inglese sulla morte di Henry Segrave, gli intellettuali di Oxford mi testimoniarono con giovanile generosità il loro stupore nel ritrovare un certo ordine e una cadenza dell’antica prosa in quel conciso elogio funebre.

Sembravano gustarvici un sapore arcaico; e non era altro che purezza, non era che una devota purezza.

Ne ho ricevuti i più alti elogi: da parte della vedova, delle corporazioni nautiche, dalla fiera eleganza di quanti non avevano dimenticato l’italiano ferito negli stessi giorni del ferimento di Stephen Gordon.

Custodisco qui, come sublime reliquia, il volante che si spezzò sotto la foga di Sir Henry Segrave.

Vi chiedo, Radclyffe, il testo originale.

Le prime trecento pagine sono di una potenza sovrana.

E le altre, fino all’ultima, sono delle figure rigorose, mozzafiato; e anche, tra ombra ed ambra, «tutte grazia, tutte sfumatura…»

Senza rancore, vi scrivo nello spirito di Francesco Francia.

Oggi – seguendo le antiche usanze del mio Abruzzo – vi invio questa dorata uva dal mio frutteto segreto.

Ed ecco un’altra immagine, poiché la storia di Rafferty mi tocca per la somiglianza con la storia del mio grande amore equestre: il mio grigio irlandese screziato Malatesta, la cui vecchiaia e la cui fine furono atroci tra le grinfie dei creditori usurai toscani.

Ecco l’immagine.

Questo settembre, un giovane cacciatore dai fianchi stretti e dalle gambe lunghe e glabre, mi ha fatto pensare a Stephen Gordon nell’atto di tendere il chiaro grappolo a Rafferty che lo rubacchia ingegnosamente. “Vieni qui, vecchio mio. Sono tornato. Sono sempre tuo, Rafferty, Malatesta, Amaranta, Undulna, Aligi, Jolo…”

A voi ed alla vostra amica, Mastro Paragon Coppella orefice del Vittoriale osa offrire delle catenelle: la maglia marina.

Radclyffe, vogliate stringere le vostre pagine palpitanti a questo pezzo di marmo che imprigiona l’aquila dell’aviatore temerario.

“Love will find out the way.”

Senza dubbio, voi amate come me le vostre early ballands.

“O open the door to me!”

Il Vittoriale 12 settembre di Ronchi (1919) 1934.

Gabriele d’Annunzio

Busta: Radclyffe Hall – nell’Albergo di Catullo in Sirmione.

La seconda lettera indirizzata alla scrittrice è di appena tre giorni dopo. Datata 15 settembre e scritta su carta intesta con motto Memento Audere Semper è – ancora una volta – destinata all’amica camrade (compagna) e si protrae per nove pagine, all’interno delle quali d’Annunzio si dice non sorpreso che la loro amicizia sia già così fertile. Il Poeta spiega a Hall le ragioni del suo voler ribattezzare le “creature a lui più vicine”, da qui la scelta dell’appellativo Ambrée, ispirato alla condottiera rinascimentale che liberò la città belga di Ghent dall’assedio spagnolo. D’Annunzio utilizza un evento storico come pretesto per riportare stralci di un poema tradizionale britannico dedicato alla valorosa figura, per sottolineare i patimenti dell’amica che persevera nello scrivere, seppur conscia dei pareri negativi della critica inglese. Ecco, quindi, che Radclyffe diventa ella stessa condottiera e paladina.

Il Poeta prosegue col canzonare teneramente Una Troubridge, definendola “angelo custode” della scrittrice inglese, rivolgendosi a lei per chiederle la cortesia di vedere Hall a “tre occhi” (chiaramente alludendo alla propria parziale cecità). D’Annunzio non manca di includere svariati regali e, in questo caso, è la volta di una tartaruga in marmo riportante il motto: Intra Me Maneo.

La lettera, seppur interamente giocata su toni amichevoli, si conclude con righe velate di malinconia: Je veux mourir duc de Raguse, dans trois ans. Je veux sovrire en vous envoyant les âges de ma mélancolie; et enfin non oeil survivant: l’oeil ailé du Borgne voyant: l’occhio alato dell’Orbo veggente. (Voglio morire Duca di Ragusa entro tre anni. Voglio sorridere nell’inviarvi le età della mia melancolia, ed infine il mio occhio sopravvissuto: l’occhio alato del Borgne voyant, l’occhio alato dell’Orbo Veggente).

Come è noto, Gabriele d’Annunzio morirà poco più di tre anni dopo, il 1° marzo del 1938.

Vous aussi, comrade, vous avez écrit mon nom entier, d’une main exacte et ferme, comme

j’avais su écrire le vôtre.

C’est ainsi que, pendant la guerre, deux combattants par rencontre prononçaient leur nom presque en même temps, en se donnant la poignée première et peut-être dernière.

J’ai beaucoup pensé à vous. Et, après votre lettre si pleine de choses belles, j’ai vu paraître en

moi d’autres leurs et d’autres indices.

Pourquoi donc votre soudaine amitié est déjà si fertile?

Je ne sais si l’on vous a dit que, dés ma lointaine jeunesse j’ai la manie de rebaptiser dans les fonts

du rêve les créatures de ma prédilection.

Depuis bien je vous nomme Ambree.

N’étiez-vous pas au siège de Ghent? or of Cant?[11]

Was not this a brave bonny las, Mary Ambee?

Then took she her sword and her target in hand,

And mounting the walls all undaunted did stand,

There daring their captains to match any three,

O, what a brave captain was Mary Ambree!

«Now say, English captain, what wouldest than give

To ramson thyself quickly, or slain thou must be.»

Then smiled sweetly brave Many Ambree.

No captain of England; behold in your sight,

Two breasts in my bosom, and therefore no knight;

No knight, sirs, of England, no captain you see,

But a poor simple lass, called Mary Ambree.[12]

                Je viens de recevoir quelques lignes exquises, non sans une résonance italienne, par Lady Thoubridge. [13]

You also, Ambree, are fortunate in having a guardian angel against the attacks of unknown

and known intruders.[14]

Ce bon ange vous l’avez sans doute en votre amie, qui sait dire Ave è l’Archange Gabriel sans lis.

Est-qu’elle voudra, comrade, nous laisser parler de nos vies stratégiques, à trois yeux?

                Je pense – ne sais pas pourquoi – qu’elle fume des abdullas[15] free from opium. Les voici, Vincenzo.

Pour vous, Ambree, un autre marbre avec un autre symbole.

Intra me maneo. Il vous faut rester toujours dedans vous même, dedans votre coeur intrépide.

Et le relief est bien beau.

Intra me maneo.

Las, mérencolie! Je suis un âpre vieillard, qui ne peut mourir entre deux draps.

Je veux mourir duc de RaGuse, dans trois ans.

Je veux sourire en vous envoyant les âges de ma mélancolie; et enfin non oeil survivant: l’oeil ailé

du Borgne voyant: l’occhio alato dell’Orbo veggente.

Ariel Cocles

Le Victorial: 15 septembre 1934.

Si veda: https://www.galileumautografi.com/autografo.php?id=7069&nome=autografo-gabriele-dannunzio-lettera-a-radclyffe-hall-scrittrice-lgbt

Anche voi, cara compagna, avete scritto il mio nome per intero, in modo esatto e fermo, così come io ho scritto il vostro.

É così che, durante la guerra, due combattenti che si incontrano pronunciano il proprio nome più o meno nello stesso momento, ed iniziano a combattere per la prima, e forse l’ultima, volta.

Vi ho molto pensata. E, dopo la vostra lettera piena di cose belle, ne ho viste palesarsi in me altre insieme ad altri indizi.

Perché dunque la nostra improvvisa amicizia è già così fertile?

Non so se vi è stato detto che, dalla mia lontana giovinezza io amo battezzare, attingendo ai sogni, le creature che prediligo.

Ed ecco che vi battezzo Ambree.

Non eravate forse voi all’assedio di Ghent? or of Cant?

Was not this a brave bonny las, Mary Ambee?

Then took she her sword and her target in hand,

And mounting the walls all undaunted did stand,

There daring their captains to match any three,

O, what a brave captain was Mary Ambree!

«Now say, English captain, what wouldest than give

To ramson thyself quickly, or slain thou must be.»

Then smiled sweetly brave Many Ambree.

No captain of England; behold in your sight,

Two breasts in my bosom, and therefore no knight;

No knight, sirs, of England, no captain you see,

But a poor simple lass, called Mary Ambree.

            Ho ricevuto delle righe squisite, non senza una risonanza italiana, da parte di Lady Thoubridge.

You also, Ambree, are fortunate in having a guardian angel against the attacks of unknown

and known intruders.

Un buon angelo senza dubbio la vostra amica, che sa dire Ave all’Arcangelo Gabriele senza cigli.

Vorrà ella, cara compagna, lascarci parlare nel nostro modo strategico, a tre occhi?

                Penso – non so perché – ch’ella fumi delle Abdullah free from opium. Eccole, Vincenzo.

Per voi, Ambree, un altro marmo con un nuovo simbolo. Intra me maneo. Dovrete sempre restare entro voi stessa, dentro il vostro cuore intrepido.

Il rilievo è molto bello.

Intra me maneo.

Lasciami, Merencolia! Sono un duro vecchio, che non può morire tra due lenzuola.

Voglio morire Duca di Ragusa tra tre anni. Voglio sorridere nell’inviarvi le età della mia melancolia, e infine il mio occhio sopravvissuto: l’occhio alato del “Borgne voyant”, l’occhio alato dell’Orbo Veggente.

Ariel Cocles

Le Victorial, 15 septembre 1934.

Una terza e ultima lettera indirizzata a Radclyffe Hall viene inviata nell’estate dell’anno successivo e riguarda il momento dell’effettiva donazione della medaglia della Royal Literature Society, citata da Una Troubridge nella biografia:

Di tutti i regali che il Comandante le aveva fatto, John teneva molto alla medaglia d’argento della British Literary Society. Era stata presentata a “Gabriele d’Annunzio, poeta e voce d’Italia”, e al Poeta era parso corretto donargliela, poiché amaramente risentito per la persecuzione che Il Pozzo della Solitudine aveva dovuto affrontare in Gran Bretagna. [16]

Darling comrade, darling little Sister,

je vous offre mon livre. Je veux vous donner honoris causa la médaille de l’Académie fondée par Georges IV.

Je pourrais, hélas, vous embrasser très paternellement. Mais je vous embrasse fraternally[17].

Gabriele d’Annunzio

Le Victorial: 3 août 1935.

Si veda: D’Annunzio. Connessioni d’Oltremanica per immagini

Cara compagna, cara sorellina,

vi offro il mio libro. Vi dono honoris causa la medaglia dell’Accademia fondata da Giorgio IV.

Potrei, ahimè, abbracciarvi molto paternamente. Ma vi abbraccio fraternally.

Gabriele d’Annunzio

Il Vittoriale: 3 agosto 1935.

Busta: Radclyffe Hall – “X Hôtel de Catulle”

Schizzo (datato 5 luglio 1917) appartenente alla collezione della Royal Society of Literature, riguardante il conferimento della medaglia a d’Annunzio.

Copyright: Emanuela Borgatta Dunnett 2023-4 (Come da Deposito Proofy)


[1] Appellativo scelto per sé da Radclyffe, mentre Una deciderà di farsi chiamare Vincenzo.

[2] Mario Buccellati, orafo prediletto di Gabriele d’Annunzio.

[3] Una Troubridge, The Life and Death of Radclyffe Hall, 1961. Pag. 118-25.

[4] Corpo color avorio.

[5] Francesco Francia (Bologna 1447 ca. – 1517), pittore e orafo.

[6] Henry Segrave (Baltimora, 1896 – Windermere, 1930), pilota automobilistico e motonautico.

[7] Protagonista de Il Pozzo della Solitudine.

[8] Cavallo menzionato ne Il Pozzo delle Solitudine.

[9] Gabriele d’Annunzio menziona, con rimpianto, i cavalli posseduti nel corso della vita.

[10] Verso tratto dalla ballata medievale Over the Montains.

[11] Gioco di parole che si riferisce al termine volgare inglese “cunt” (vagina).

[12] Mary Ambree. Ballata tradizionale britannica.

[13] Scritto erroneamente in originale.

[14] Anche tu, Ambrée, sei fortunata ad averla come angelo custode contro gli attacchi di intrusi conosciuti e sconosciuti.

[15] Il Poeta si riferisce alle sigarette Abdulla.

[16] Una Troubridge, The Life and Death of Radclyffe Hall, 1961. Pag. 124.

[17] Fraternamente